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TO: Senato_M5S, Camera_M5S

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Firenze, 2.10.18

Scena da un barbiere di mezza estate, al quale viene domandato: “Secondo Lei, come mai il M5S non si è presentato a Siena alle ultime amministrative per l’elezione del sindaco?”. Risposta: “Ah, non si sono presentati? E chi ha vinto?”. “Un leghista” gli viene suggerito. “Ah, allora è stato per far vincere la Lega”, la conclusione. Ed infatti il Palio non l’ha vinto né la Lupa, né l’Istrice, o il Nibbio, ma il Salvino.

Siamo d’accordo che l’opinione di un unico membro del popolo non può costituire tesi scientifica, tuttavia il prurito rimane. Buona la battuta sul tema dell’attuale Sindaco di Firenze ai giornalisti con un “Dovremmo chiedere a Chi l’ha visto” (‘Controradio’, 12.5.18).

Anche lui però ha poco da fare lo spiritoso visto che la prossima primavera ci saranno le amministrative nel capoluogo toscano e Firenze è oramai diventato un mangificio a cielo aperto con ristorantini che spuntano dall’oggi al domani in ogni dove. Problema posto già qualche anno fa ( https://www.civitasdemocratica.it/2015/11/12/unesco-o-unescort/ ): ma in riva all’Arno oramai comanda la camorra?

Supponiamo allora che un cittadino fiorentino abbia intenzione di candidarsi a sindaco con il M5S: dopo lo spettacolino di Siena, a quale santo ci si deve attaccare per capirci qualcosa?

Proviamo con San Google invece che con San Gennaro: se si fa una ricerca del tipo “m5s non si è presentato a siena” vengono fuori una serie di risultati tipo quello dell’ ‘Huffington Post’ che ipotizza una desistenza dei grillini per far vincere la destra a Siena e Vicenza ( https://www.huffingtonpost.it/2018/05/12/niente-liste-m5s-a-siena-e-vicenza-la-desistenza-grillina-spalanca-la-strada-ai-candidati-del-centrodestra_a_23433238/ ).

Ok, è risaputo che la suddetta testata non fa mai sconti al M5S, però tra i risultati compare anche quello de ‘il Cittadino on line’ ove si legge che “Il candidato sindaco Luca Furiozzi non ha avuto l’autorizzazione a presentare il simbolo del Movimento. L’assenza di M5S, che alle elezioni politiche aveva raggiunto quasi il 20% dei voti a Siena e che aveva due rappresentanti in comune, è vissuto con amarezza dai rappresentanti locali che non hanno ricevuto alcuna comunicazione in merito dai vertici del Movimento” ( http://www.ilcittadinoonline.it/economia-e-politica/movimento-5-stelle-non-si-presenta-alle-elezioni/

).

La si metta come si vuole, ma la sostanza è che ad un quinto circa di cittadini senesi è stata negata la possibilità di votare per i propri beniamini. Come minimo passavano da due a quattro consiglieri.

Strano che nel risultato della sopracitata ricerca on line non compaia nulla de ‘il Fatto Quotidiano’, che però a fine 2017 ha pubblicato il libro scritto dal Sen. Lannutti (M5S) dal titolo ‘Morte dei Paschi’. Nella prefazione, a firma del Sen. Pesco (M5S nonché Presidente della commissione Bilancio) e dell’On. Luigi Di Maio, questi capopartito dei grillini, vicepremier, Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico (ci siamo dimenticati qualcosa?), il “MoVimento 5 Stelle” viene descritto come “attento e severo osservatore dell’operato di manager, ispettori, banchieri e governatori su malefatte finanziarie e favori elettorali”. Ora dato che sempre nella prefazione del medesimo libro – che ha i “tratti del grande romanzo giallo” – si parla del fallimento di sei banche (“Banca delle Marche, Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Banca Popolare dell’Etruria e del Lazio, Cassa di Risparmio di Ferrara e Cassa di Risparmio di Chieti”), non essersi presentati a Siena e Vicenza sono stati o no “favori elettorali”?

Ad Imola per esempio alle ultime amministrative i pentastellati si son presentati, e dopo 72 anni di feudo rosso hanno vinto; qui l’imprenditore emiliano Alberto Forchielli per spiegare la batosta del PD ha definito quest’ultimo come un “carrierificio” (‘Lettera43’, 25.6.18) sottolineando “che il modello coop è finito”.

Ma come, dopo tutto questo gran vociare sullo scandalo Monte dei Paschi, ci scrivono pure un libro di 280 pagine dove in maniera sacrosanta vengono denunciate le malefatte del monocolore PCI-PDS-DS-PD e nemmeno si presentano alle comunali? Chi l’ha deciso Rousseau, o stava nel contratto non scritto?

Come gia accennato ( https://www.civitasdemocratica.it/2018/05/02/al-presidente-della-repubblica-2/ ), l’attuale “catastrofico” sistema di voto, approvato anche dalla Lega, è un dono alle future generazioni del grande riformatore e neo senatore di Scandicci (ad oggi zero atti in Parlamento), che non obbliga a fare alleanze; però se si divide il numero di elettori M5S che hanno votato on line per l’approvazione o meno del contratto di governo (45000), per il numero di voti ottenuti ai seggi (circa 10 milioni), se ne deduce che, stando al loro concetto di democrazia diretta, la percentuale è dello 0,0045%.

All’indomani delle ultime elezioni politiche il Movimento 5 Stelle aveva l’occasione della vita per fare riforme strutturali (legge elettorale, C.S.M., competenze Stato-Regioni) dicendo – e guardando tutti dall’alto verso il basso – “Avete o no fatto una legge elettorale contro di noi?”. A quel punto nessuno avrebbe potuto negare l’evidenza, ed anche in caso di eventuali elezioni anticipate il M5S sarebbe andato oltre l’attuale 32%.

E’ umanamente comprensibile che ciò non sia successo: per il vincolo dei due mandati l’attuale vicepremier pentastellato avrebbe dovuto mettere nel cassetto la sua carriera politica. Però ne sarebbe uscito da statista.

Se fosse passata la riforma costituzionale del 2016, architettata in perfetto stile napoleonico, il potere esecutivo si sarebbe praticamente mangiato vivo il potere giudiziario, e l’ennesimo sussulto della politica alle ultime elezioni del C.S.M. ne è una riprova. Ma nella scorsa legislatura perché il M5S non ha provato a spiazzare il Governo chiedendo di dividere il quesito in più istanze tra cui quella per superare il conflitto Stato-Regioni e poter così armonizzare meglio gli oltre 500 centri per l’impiego sul territorio italiano?

Ed invece… ora è tutto uno strattonare la giacca, in compagnia dei Templari della flat tax, per superare la trincea dell’1,9% del deficit/PIL: bei tempi quando a novembre 2015 dal blog dei 5 Stelle si dichiarava testualmente “i cittadini sarebbero felice di liberarsi anche di quelli come Salvini” ( http://www.movimento5stelle.it/parlamento/2015/11/truffa-rimborsi-lega-chiamati-in-causa-anche-salvini-e-maroni.html ).

I famosi “dieci miliardi” che invoca il portavoce del premier Casalino è inutile impiegarli subito a bomba nel cosiddetto reddito di cittadinanza, senza prima riformare i centri per l’impiego che invece richiedono anni.

Certo, parallelamente è auspicabile una maggior integrazione anche a livello didattico ( https://www.civitasdemocratica.it/2018/06/20/erasmus-meets-your-neets/ ), ma l’Unione Europea probabilmente non avrebbe battuto ciglio se fosse stato prospettato un discorso del tipo: per i prossimi 2-3 anni della legislatura si investono x milioni (non miliardi) per i centri per l’impiego, poi durante gli anni rimanenti se ne investono 10 l’anno (di miliardi) per il sussidio di disoccupazione. Così stando le cose si rischia di aprire i rubinetti di un acquedotto pieno di falle. Anche perché, come già lasciato intendere nella suddetta lettera al Presidente Mattarella di maggio scorso, l’espressione ‘Reddito di cittadinanza’ è pubblicità ingannevole; lo coglie molto bene Peter Gomez nel suo editoriale ‘Reddito di cittadinanza, per approvarlo bisogna cambiargli il nome‘ (‘il Fatto Quotidiano’, 11.7.18). E va da sé che la suddetta espressione è assai seducente per fini elettorali, in quanto riporta alla mente il sogno del comunismo, cioè del tutto a tutti; insomma è più Fico (ogni riferimento al Presidente della Camera e alla Fabbrica Italiana Contadina non è puramente casuale).

Se proprio, “flex security” ( https://www.civitasdemocratica.it/2017/02/16/ai-garanti-del-pd-2/#flexsecurity ) sarebbe stato il nome più adatto; ma così forse alle ultime politiche non avrebbero fatto il pieno di voti a Sud, dove molta gente vive tra il rassegnato e la disperazione; o chi è più giovane scappa. E dove i fondi europei sono spesi poco e male: quanti sono i giornalisti de ‘La Gazzetta del Mezzogiorno’ di Bari e de ‘La Sicilia’ di Catania che hanno vinto il premio Pulitzer per inchieste che riguardano gare irregolari ed incapacità gestionali per la realizzazione di strade, ponti, acquedotti, depuratori?

La risposta ce la può dare la notizia di pochi giorni fa che vede il patron delle suddette testate, oltre ad esser già stato rinviato a giudizio a Catania per concorso esterno, oggetto di sequestro. Per l’occasione il Procuratore Nazionale Antimafia Cafiero de Raho ha dichiarato che “Le mafie investono nell’editoria per indirizzare l’informazione” (‘il Fatto Quotidiano’, 26.9.18).

Tutti hanno diritto ad essere difesi, ma ora il “romanzo giallo” si sta pian piano tingendo di giallo-verde: chi difende l’editore catanese in giudizio è l’attuale Ministro della Pubblica Amministrazione, la Sen. leghista (ex AN, ex PDL) Avv. Giulia Bongiorno.

A proposito di ponti, neanche fosse una chiromante, Forchielli nel suo libro di giugno 2018 dal suggestivo titolo ‘Muovete il c..o’, in più di un’occasione aveva scritto che i ponti in Italia crollano: ed infatti…

Ciò che è successo a Genova ha messo in evidenza il marciume armonioso del Belpaese.

Facile però dire sempre di no, come denunciò il presidente di Confindustria Genova rivolgendosi ai grillini nel dicembre 2012: “Quando tra dieci anni il ponte Morandi crollerà, e tutti dovremo stare in coda nel traffico per ore, ci ricorderemo il nome di chi adesso ha detto no alla gronda” (‘LaVerità’, 29.8.18).

Ed è curioso che l’attuale Ministro delle Infrastrutture voglia ricostruire il ponte Morandi con Fincantieri che di solito si occupa di navi e non di navate. E può darsi che il Ministro Toninelli oltre a fare facili allusioni abbia commesso una leggerezza nell’accusare la famiglia Benetton di essere “azionista di punta dei gruppi che controllano quotidiani come La Repubblica e l’Espresso” (‘la Repubblica’, 7.9.18), ma il direttore Calabresi (ancora lì?) è inutile che continui a far finta di guardare al dito e non alla luna (6.7.18) visto che il suo gruppo editoriale qualche ‘piccolo’ conflitto di interessi (ma piccolo eh?) ce l’ha, avendo la loro vice presidente Mondardini pure nel cda di Atlantia in cui a sua volta siede un Benetton. Perché bisognerebbe ‘scavare’ PRIMA negli abissi delle responsabilità, non dopo le tragedie.

Vediamo se al direttore fischiano le orecchie quando gli si parla di ‘Fiat Tax’ (non Flat), che ha la sede legale in Olanda e la residenza a fini fiscali nel Regno Unito.

E ‘L’Espresso’ stesso, pur pubblicando inchieste interessanti, commette un colossale boomerang con una copertine titolata ‘Uomini e no’ (17.6.18) riferito al leader leghista per via della sua strategia sugli sbarchi, quando poi l’edizione del 23.9.18, antecedente al decreto sicurezza, viene incellofanata con un opuscolo pubblicitario di scarpe della ‘Igi&Co‘ che nessun immigrato potrebbe permettersi: Pariolini Democratici?

Evidentemente c’è chi usa la parola sinistra per espiare il peccato di non essere povero, in primis Scalfari.

Nei titoli di coda del film di Francesco Nuti ‘Caruso Pascoski’ (1988) compare “Paziente Negro”: eravamo più razzisti allora o adesso?

I populisti al governo” titola a tutta pagina ‘la Repubblica’ (1.6.18): per forza, con tutti quegli attacchi pregiudiziali nei confronti della Raggi (ora misteriosamente scomparsa dalle cronache nazionali) hanno ottenuto l’effetto opposto. Anzi nel titolo potevano aggiungerci “Grazie a noi!”. Cose dette e ridette ben prima delle elezioni, ma poi il sapiento Calabresi all’indomani delle ultime politiche dice che se l’aspettava “ma non in queste dimensioni” (6.3.18). E’ il caso di dire che purtroppo “Neanche gli Dei possono nulla contro la stupidità umana” (F.Schiller).

C’è anche un altro quotidiano che possiede un ‘piccolo’ conflitto di interessi, che è ‘il Giornale’: perché non fanno un gemellaggio, o addirittura si fondono in un’unica testata, ‘il Giornale della Repubblica’? Sarà un successo!

Se non l’avessero capito, tra le le ragioni che hanno magnetizzato il voto grillino vi è stata anche la stanchezza nei confronti di questo ultradecennale teatrino, ben riproposto a fine agosto in TV quando è stata mandata in onda la replica del ‘Maurizio Costanzo Show’ del dicembre 2001 (governo Berlusconi) che a sua volta commemorava il 20° anniversario della trasmissione. Sul palco il mondo dell’informazione ‘bipartisan’ con Gad Lerner, Mentana, Mimun, Vespa; in platea invece quello della politica ‘B.partisan’ con in prima file il Cav. e Gianni Letta, Veltroni e Rutelli nelle retrovie.

Già Veltroni, accolto sulle colonne de ‘la Repubblica’ (29.8.18) come il rianimatore della sinistra italiana, ma realisticamente placcato da Padellaro due giorni dopo: “Parole alate… che non scendono mai sulla terra” (‘il Fatto Quotidiano’).

Si potrebbe continuare la rassegna delle ipocrisie con quella del ‘Corriere’ del 3.9.18, che per ricordare il giuslavorista Barozzi, scomparso per una puntura di calabrone, gli dedica un pezzo a firma del ‘riformatore’ dell’art.18 Ichino dal titolo ‘Sergio, l’avvocato che prendeva su di sé l’ansia dei clienti‘: peccato scoprire in una sentenza della Cassazione che difendesse anche le multinazionali. Che ansia, eh? Ma a proposito, chi è il candidato premier che diceva nel lontano dicembre 2017 che l’art.18 era “Da ripristinare nelle imprese sopra i 15 dipendenti”? Ha per caso le mani ‘Legate’?

E ci mancava pure ‘Il Sole 24 Ore’, che nell’inserto ‘Bollette’ dello scorso aprile ci annuncia che la riforma degli oneri di sistema (non prevista nel programma 2013 del csx), ha come obiettivo quella di “incentivare i consumi di energia elettrica prodotta da energia rinnovabile a discapito di quella da combustibili fossili ”(!): e qui, che ne è dell’interpellanza della scorsa legislatura del Sen. Girotto (M5S) sul fotovoltaico? ( http://www.ilblogdellestelle.it/2017/07/chi_uccide_il_fotovoltaico_italiano.html )

In teoria Cosa Nostra tramite una fondazione potrebbe finanziare una formazione politica, e per tentare di ridurre la dicotomia tra il dire ed il fare delle campagne elettorali va quantomeno riconosciuto che l’On. Dieni (M5S) si sta dando da fare per aumentare la trasparenza delle fondazioni politiche; ma come risulta dal resoconto di ‘Openpolis’, perché mai “Rousseau pubblica solo le iniziali dei propri donatori”? (‘LaNotiziaGiornale’, 21.9.18)

E allora per tornare al tema principale, qual è la differenza tra un partito ed un movimento? Il primo termine oggi non gode certo di buona fama perché dà il senso dell’immobilismo, di qualcosa oramai vecchio e superato, mentre il secondo ci appare come una collettività in cui ci si confronta in maniera più veloce e dinamica.

Non si sa se e quanto durerà questo “incantesimo” (da ‘Supernova‘, Canestrari & Biondo, pag. 430), ma per adesso un aiutino Pomicino, grande esperto di partitocrazia e “tuttora vicepresidente di Autostrade Meridionali” (‘LaNotiziaGiornale’, 24.8.18′), ce lo può dare, quando durante lo stallo post elettorale e prima della formazione del governo, riguardo al Movimento 5 Stelle, affermò: “Macché elezioni… L’appetito governativo è altissimo” (‘La Nazione’, 6.4.18).

Godimento 5 Stelle?

Cordialmente

Giovanni Amaducci

(CivitasDemocratica.it)

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