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Firenze, 21.12.17

Durante la recente presentazione del libro ‘Bandiera rossa trionfera?’ (Elena Dundovich), è stato interessante scoprire come nel periodo che va dal 1924 al ’36 i rapporti diplomatici tra il regime fascista e quello sovietico fossero quasi idilliaci.

Segno che quando ci sono interessi economici in ballo non c’è ideologia che tenga (“Ora la Russia bolscevica si rafforzerà tanto più presto, quanto più facilmente riceverà macchine e merci dai paesi capitalistici”, membro Komintern, 1922). Vedasi inoltre i rapporti tra ENI e URSS (‘Lo stato parallelo – La prima inchiesta sull’ENI’, Oddo & Greco), caso Regeni, o la recente alleanza di Putin con gli ‘odiati’ sauditi per innalzare il prezzo del petrolio. Chissà se un giorno gli storici arriveranno alla conclusione che dx e sx altro non sono state che delle grandi malattie mentali per sballottare qua e là milioni di persone.

Al lancio del libro di cui sopra, è emerso che nel periodo pre rivoluzionario russo la ricchezza era detenuta da circa l’1% della popolazione. Cento anni dopo dalla Rivoluzione d’Ottobre del 1917, nell’ultimo libro di Noam Chomsky ‘Le dieci leggi del potere – Requiem per il sogno americano’, si intravede lo stesso scenario “dal momento che la vera concentrazione di ricchezza si trova in una ridotta quota dell’1%”. Domanda: dopo aver salvato banche di ogni sorta, una crisi finanziaria come quella del 2007 può succedere di nuovo? Risposta: se non si ritorna alla separazione tra banche commerciali e quelle d’investimento, prevista da Roosevelt nel 1933 ed azzerata nel 1999, è quasi scontato.

Forse sta qui il “rancore” dell’ultimo rapporto Censis, dove la paura è il declassamento sociale. Se si vuol trovare una sintesi tra “globalizzazione che esternalizza i poteri reali delle democrazie” (A. Gilioli, ‘L’Espresso’, 19.11.17) e radici locali, val la pena rispolverare il concetto di glocalizzazione.

Nel suo libro Chomsky mette anche in contrapposizione il pensiero di uno degli estensori della Costituzione americana James Madison (“proteggere la minoranza degli opulenti dalla maggioranza”) con quella di Aristotele (“ridurre le diseguaglianze”). In che direzione veleggi il Fondatore del gruppo ‘L’Espresso’, al secolo Scalfari EUgenio (il genio dell’Unione Europea?), lo si evince dal suo editoriale del 15.10.17 intitolato ‘Ecco perché la legge elettorale non viola la democrazia’ (ma la governabilità?) quando scrive “La democrazia non ha mai affidato i poteri al popolo sovrano e quindi la sovranità è affidata a pochi che operano e decidono nell’interesse dei molti”.

Può darsi che costui, partecipando di recente ad un dibattito televisivo, sia stato messo di fronte ad una scelta paradossale; ma è vero che avrebbe potuto rispondere con un altrettanto paradossale risposta: “Chi scelgo tra Di Maio e Berlusconi?. Berlinguer!”. Invece di farsi inscatolare come un tonno, se ne sarebbe uscito alla grande, proprio in virtù della sua intervista con il leader del PCI del 1981, dove i partiti venivano descritti come “macchine di potere e di clientela” e dove “la democrazia rischia di restringersi”.

E sull’argomento il Prof. Merlini al Convegno su Calamandrei in Palazzo Vecchio del 27.10.17, ha ricordato come il giurista fiorentino ci tenesse ad una legge attuativa dell’articolo 49 della Costituzione (“Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”). Legge scientemente ed inconscientemente evitata in secula seculorum, con la scusa che il “metodo democratico” veniva classificato solo come il non ricorso alla violenza; così che “i vaporosi ideali non traducentisi in opere sono messi nelle vetrine per ingannare i gonzi” (Ernesto Rossi, prefazione a ‘Italia Scombinata’).

Ed infatti in campagna elettorale tutti promettono, poi chi si è visto si è visto. E così il debito pubblico inevitabilmente aumenta. “Prima dimostra con i fatti ciò che hai promesso in campagna elettorale, poi saranno i politologi ad ascrivere al mondo della dx o della sx ciò che sei riuscito a combinare”: questo è ciò che il ceto politico del Belpaese dovrebbe avere come decalogo. E le cosiddette primarie con truppe cammellate a corredo, se non “regolate per legge”, non possono diventare un espediente per riciclare denaro?

Se uno fa le pentole senza coperchio, non si capisce perché il Prof. Fabbrini insinui che per la Corte Costituzionale la governabilità è un “sotto-prodotto” (‘Il Sole 24 Ore’, 26.11.17); ma è altrettanto vero che dai cosiddetti radical chic questa venga vista come uno spauracchio.

Ma quando si scriveva nel 2013 di portare “a termine almeno un ‘porcellino’ che garantisca un minimo, dicasi un minimo, di maggioranza parlamentare”?

Oppure che “se tutti i renziani delle ‘primarie’ si fossero turati il naso e avessero votato coerentemente alle elezioni, oggi uno striminzito governo politico forse ci sarebbe. Quantomeno sufficiente a fare una mini legge elettorale, che se la Corte…?

E’ quindi in arrivo l’Italia scombinata? In regime di ‘Ammucchiatellum’ i presagi ci sono tutti: tra chi promette pensioni, 80 euro, redditi di cittadinanza a tutti (mancano solo i bonus per i pesciolini rossi), non viene in mente il titolo di una canzone di Barbra Streisand ‘Send in the Clowns‘?

Patto prima delle elezioni dite no ai voti della mafia” lancia l’appello il Ministro dell’Interno Minniti; mentre il suo conterraneo Gratteri, Procuratore a Catanzaro, nel suo recentissimo libro ‘Fiumi d’oro’ afferma: “Oggi sono sempre più i politici a bussare alle porte dei mafiosi e a cedere ai loro ricatti”. Con la totale abolizione del finanziamento pubblico ai partiti, il rischio di traffico di influenza accresce o decresce?

Sempre Gratteri: “Il politico ha bisogno di voti, la ‘ndrangheta di lavorare in pace. I capi indicano chi bisogna votare e in cambio ottengono appalti, subappalti, varianti urbanistiche, con trasformazione di terreni agricoli in edificabili… Secondo Legambiente, la ‘ndrangheta è maggiormente coinvolta nell’acquisizione di vasti appezzamenti di terreno e nella gestione di società operanti nel settore agricolo, grazie anche ai contributi comunitari che riesce a ottenere, spesso attraverso l’utilizzo di prestanome”.

Dopo la sfumata nomina di Milano come sede dell’EMA, ha ragione a lamentarsi il sottosegretario Gozi con il ‘Corriere’ (27.11.17) che gli rinfaccia di essere “poco presente a Bruxelles”. Due cose però: la prima che se è vero che il capoluogo lombardo “ha perso per un dossier da II media” (‘il Fatto Quotidiano’, 23.11.17), allora sì che le sue sono braccia rubate all’agricoltura; la seconda che se corrisponde a verità che nella manovra approvata al Senato non è più necessario l’obbligo di presentare il certificato antimafia sotto il tetto dei 25 mila euro per finanziamenti comunitari in agricoltura, non dovrebbe essere lui il primo ad incatenarsi davanti al Nazareno in segno di protesta?

Sull’EMA nessuno ha rilevato che poco prima dell’assegnazione, l’Unione Europea aveva inviato all’Italia una lettera di richiamo in merito all’assegnazione dei dati sanitari italiani ad IBM. Solo sfortuna, o stavano scavando la fossa da tempo?

Il Pil è tornato un po’ sopra l’1%? E’ anche vero che dal 2014 il conteggio lo si fa mettendoci dentro le attività illegali, e se si considera che nel rapporto ‘Ecomafie 2013’ di Legambiente il giro di affari era di “16,7 miliardi”, cioè un punto di Pil…

E dai calabresi di fatto (Minniti, Gratteri), passiamo a quelli di nome, cioè all’attuale direttore de ‘la Repubblica’.

Passeranno infatti alla storia del giornalismo, tanto per fare un esempio, le seguenti prime pagine. “Un termine per il premier” (‘la Repubblica’, 12.6.16): ma l’Italia è una repubblica parlamentare o presidenziale come gli USA? “Mps, non pagano i cittadini” (‘la Repubblica’, 31.7.16): ma dopo questa “pulcinellata” (G.Salvemini) chi paga da bere? “Non vi lasceremo soli” (‘la Repubblica’, 28.8.16): infatti l’11.12.17 ‘laNotiziaGiornale.it’ ci consola sullo stato dei lavori all’amatriciana, dove “dopo le scosse uccide la solitudine”. “Roma senza governo” (‘la Repubblica’, 11.9.16): si riferiva forse all’esito delle prossime elezioni politiche?

Non contento, il 28.11.17, per dimostrare quanto la nuova veste grafica abbia ‘cambiato’ il giornale, mega foto in prima pagina di chi non riesce a superare le barriere architettoniche dal titolo “La vita da disabile: un anno dopo, le stesse barriere nella città nemica”, cioè Roma.

Era meglio il Sindaco Petroselli? Ah, non c’è dubbio! Ma da lì in poi, prima che arrivassero i ‘barbari’ pentastellati in Campidoglio, quante ne son passate di oche?

L’attuale Sindaco della capitale non è all’altezza? Può darsi, ma quando il ‘sistema’ si chiude a riccio, il cosiddetto popolo trova il modo di reagire. “A Roma c’è pochissimo ormai, da vedere e da fare, sempre meno” (Elena Stancanelli, ‘la Repubblica’, 10.12.17): se fa il pieno di benzina, può sempre recarsi a dare una mano ai terremotati. Braccia rubate alla letteratura? Tranquilla, sapremo reggere al sisma culturale.

Si è tentato di spiegarlo sia di riffa che di raffa: non è che i fan di Grillo non debbano essere criticati, ma più vengono attaccati in maniera strumentale e più guadagnano voti. Giusta, ad esempio, l’inchiesta ‘Cinque stelle zero trasparenza’ (‘L’Espresso’, 26.11.17), così anche i francescani 2.0 prima o poi dovranno ammettere che non si governa solo con un’Ave Maria. Poi però una settimana dopo, sempre su ‘L’Espresso’, nell’intervista di Stefania Rossini (tipica secchiona da 60/60 al liceo classico) fatta alla candidata del M5S per la Regione Lazio Roberta Lombardi, viene chiesto: “Nessun imbarazzo ad appropriarsi del nome della corrente che fu di un grande socialista di sinistra?” Nessun imbarazzo allora da parte dell’intervistatrice a portare il cognome del celebre musicista?

Sembra non entri in testa che la politica dovrebbe essere dedita a risolvere problemi. E come ricordato, forse i primi ad essere post-ideologici non sono i grillini, bensì Rossi e Calamandrei in piena cortina di ferro.

Ad un lettore disamorato del quotidiano di Largo Fochetti (o Fighetti?) può sorgere il seguente dubbio: ma tutti questi attacchi frontali al M5S, non li faranno perché hanno paura di una legge sul conflitto di interessi? In effetti questo regime concorRenziale fa comodo non ai più, ma ai meno. Allora visto che il Fondatore, come fosse un carillion, carinamente ci suona che il suo giornale è l’erede morale dei fratelli Rosselli, Altiero Spinelli, Ernesto Rossi, perché non inizia a pubblicare in pianta stabile l’elenco delle sue partecipazioni?

Rossi vuol vedere le partecipazioni dei giornali, come quando si leggono gli ingredienti di un prodotto”: questo problema è stato messo in evidenza per bocca di Enzo Marzo, presidente di ‘Critica Liberale‘, al convegno organizzato dalla ‘Fondazione Ernesto Rossi e Gaetano Salvemini’ del 17.11.17 dal titolo ‘Ernesto Rossi giornalista‘.

Proprio il giorno dell’inaugurazione della nuova veste grafica de ‘la Repubblica’ (22.11.17), si scorgono paginate di pubblicità da parte di ENI ed ENEL, con articoli dedicati ai veicoli elettrici e metano. Ed il giorno seguente al convegno su ‘Smart Utility Open Meter‘ di ‘EnergiaMedia’, si è appreso che l’anno prossimo partirà una massiccia campagna elettorale da parte della compagnia elettrica riguardante l’installazione di 30-40 milioni di contatori ‘intelligenti’ (comunicano, ma in vernacolo, ed hanno bisogno del traduttore). E’ troppo chiedere al quotidiano romano quanto prende di pubblicità dalle suddette aziende energetiche? Non è una critica alle lobby, solo richiesta di trasparenza.

Un lettore de ‘il Fatto Quotidiano’ il 10.12.17 ha scritto: “Ed è proprio questo che è stato il berlusconismo: l’abbattimento della dimensione oggettiva del valore in favore di quella atomizzante dell’individuo”. Sta proprio qui il problema, perché prima i ‘fighetti’ demonizzano l’ex Sindaco di Firenze, poi, una volta premier, lo beatificano. E ora? Secondo ‘il Sussidiario’ (11.12.17) “Così Repubblica e Corriere abbandonano Renzi per M5S”. Tutto da dimostrare. Anzi, troppo comodo verrebbe da dire. Per rottamare il “fuoriclasse” (Carlo De Benedetti), un modo però ci sarebbe. Togliere dal dizionario italiano la parola “credibilità” perché oramai non siamo al “se vuol venire nella mia scuola, la capriola le insegnerò” (Mozart, ‘Le nozze di Figaro’)?

Ma Renzi si sente un uomo di sinistra?” si domanda il Fondatore il 13.8.17. Non è questo il punto. L’infanzia del Gesù di Rignano è quella di un bambino che non è mai entrato nella casa della strega, che non ha mai incontrato l’orco nei boschi (b minuscola), perché a suo tempo non ha mai ricevuto dei sacrosanti sberloni da suo padre. Nessuno è perfetto, ma il mondo di Matteo è bidimensionale, non tridimensionale, semplificato, con poca profondità. Purtroppo non ci sono solo i tramonti a Ponte Vecchio, od il progetto FICO.

Un No contro il pericolo Renzi”, titolava il 18.5.16 ‘Libero’ timonato da Belpietro, oggi a ‘LaVerità’, il giorno prima di venire licenziato. Che il 4.12.16 una soddisfazione morale l’ha avuta. Altri invece dopo mesi di propaganda, se ne stanno al loro posto fischiettando firulì firulà.

Si è tentato di dare un’interpretazione dell’etimologia di EUgenio: e se la parola marionetta venisse proprio da Mario?

Vola alto il direttore de ‘la Repubblica’ non c’è che dire, alto quanto sono le copie che vende il giornale da quando è arrivato lui: in scia del ronzio di Macron, può andar bene Calabron?

Cordialmente

Giovanni Amaducci

(CivitasDemocratica.it)

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