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Firenze, 8.4.14

Anche se l’effetto serra richiederebbe il contrario, il clima si sta facendo sempre più caldo in merito alla riforma del Senato, Titolo V e legge elettorale.
I ‘Liberi&Giusti’ quando si tocca la Costituzione, a torto o ragione, stanno sempre sul ‘chi va là’ e immediatamente sul loro sito hanno postato la bozza del 12.3.14 su “DISPOSIZIONI PER IL SUPERAMENTO DEL BICAMERALISMO PARITARIO, LA RIDUZIONE DEL NUMERO DEI PARLAMENTARI, LA SOPPRESSIONE DEL CNEL E LA REVISIONE DEL TITOLO V DELLA PARTE SECONDA DELLA COSTITUZIONE”. All’articolo 117 viene introdotto il paragrafo v) che dà allo Stato legislazione esclusiva in materia di “produzione, trasporto e distribuzione nazionali dell’energia” ( http://www.libertaegiustizia.it/wp-content/uploads/2014/03/mod_bicameralismo_titolo_V_20140312.pdf ).
Se i ‘Liberi&Giusti’ siano totalmente liberi ci sarebbe da discutere, dato nel che consiglio di presidenza siede colei che sta difendendo un celebre gruppo energetico – che guarda caso fa più o meno riferimento ad un noto gruppo editoriale – dalle accuse da parte di un altro celebre gruppo editoriale ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/01/13/sorgenia-de-benedetti-annuncia-azioni-legali-contro-il-giornale/840778/ ): piccolo mondo antico, ma andiamo avanti.
In ambito energetico a Roma il 6.3.14 si è tenuto un convegno sull’Energy Management organizzato da Soiel dove uno dei relatori, Brazzola di ABB, ha posto l’accento che per una gestione intelligente dell’energia dalla situazione attuale si dovrebbe arrivare un giorno al “demand follows generation”, ed a breve si svolgerà un convegno sui Data Center proprio presso l’Auditorium Ducati di Bologna: se sulla scelta del luogo di quest’ultimo evento vi sia il placet dell’attuale Ministro dello Sviluppo Economico non si sa.
Comunque sulle attività di questo Ministero, Mauro Annese nel suo nuovo libro ‘Il Petrolio’ (Ed. Aracne 2014) a pag. 150 ci informa che ci sono “ben 41 società petrolifere in terraferma e 10 in mare su 92 permessi di ricerca in terraferma, 24 in mare e 6 in Sicilia (Fonte UNMIG). Chi fosse interessato alle statistiche italiane, può visitare il sito dell’UNMIG http://unmig.sviluppoeconomico.gov.it dove si possono ricavare informazioni molto dettagliate sull’aspetto finanziario, dati statistici sulle trivellazioni e produzioni di idrocarburi in Italia…”.
Prosegue Annese: “Purtroppo i programmi di perforazione in Italia sono osteggiati da chi paventa pericoli di inquinamento, terremoti, bradisismi e altri terrificanti fenomeni legati ad essi. E noi continueremo a cullarci con progetti sulle fonti alternative che, come abbiamo visto, nel breve e anche nel medio termine, non risolveranno, se non in minima parte e a costo di investimenti enormi e danni ambientali, i nostri problemi energetici”.
Molto meno entusiastici i toni su ‘greenplanner 2014’, rivista distribuita lo scorso 30.3.14 al termine del workshop dal titolo ‘Patto dei Sindaci: le ESCO incontrano gli enti locali’ svoltosi alla Leopolda di Firenze all’interno di ‘Klimahouse Toscana’: “Nei mari italiani sono già attivi nove piattaforme petrolifere per un totale di 76 pozzi da cui si estrae olio greggio… Con le 41 nuove richieste di permessi di ricerca di petrolio in mare al vaglio del Ministro competente si rischia l’arrivo di altre 70 piattaforme estrattive”. Qui non si capisce però se il Ministro in questione è quello dell’Ambiente o dello Sviluppo Economico. Onde fugare i dubbi perché non istituire un Ministero delle Attività Estrattive o magari quello delle Trivelle?
Sulle ultime tecniche estrattive, quella di fratturazione utilizzata per lo shale gas, sempre il Dott. Annese nel suo libro a pag. 115 ci dice quanto segue: “Ma la tecnica della fratturazione viene considerata, spesso incautamente, altamente inquinante per l’uso di additivi chimici di varia natura che si aggiungono all’acqua ed i proppanti considerati possibili inquinanti delle falde acquifere. Le controparti coinvolte in queste operazioni si oppongono asserendo che sì, l’acqua iniettata nelle argille potrebbe assorbire metalli nocivi presenti in esse come Selenio, Ferro ed Arsenico (ma in che quantità?), ma quando l’acqua risale in superficie, essa viene depurata e riutilizzata negli stessi impianti… Come vedete, nel mondo degli Idrocarburi, ovunque ci si muova, ci si confronta con contrastanti opinioni, poche certezze, grandi interessi e convinzioni pseudo-ecologiste che sembrano ignorare il vero interesse superiore: quello di fornire energia al mondo per evitare che smetta di girare”.
E dei “grandi interessi” ce ne parla Sissi Bellomo su ‘Il Sole 24 Ore’ del 16.3.14: “L’annessione alla Crimea, che potrebbe essere formalizzata con il referendum odierno, regalerebbe alla Russia – e soprattutto toglierebbe all’Ucraina – un territorio ricco di idrocarburi… Dando seguito alla promessa di Gazprom – che aveva anticipato un’accelerazione nelle gare di appalto, per avviare il gasdotto entro il 2015 – il consorzio South Stream Transport venerdì ha assegnato all’italiana Saipem un contratto da 2 miliardi di dollari per costruire la prima delle quattro linee del tratto sottomarino di South Stream… Cambiare percorso, in una fase così avanzata, comporterebbe come minimo un forte allungamento dei tempi e Mosca non sembra disposta ad aspettare”. Che si fa allora, si cambia percorso o si cambia verso?
Intanto dei ‘Diritti umani in Ucraina’ se ne è parlato lo scorso 25.3.14 ‘RFK International House of Human Rights’ di Firenze dove la Prof.ssa Giusti della Scuola Superiore San’Anna di Pisa e Senior Associate Research Fellow for the Russia and EU Eastern Neighbours Programme dell’ISPI, durante il collegamento, moderato da Valentina Pagliai, sul tema energetico ha parlato di “diversificazione”.
All’ingresso del suddetto incontro c’erano fotocopie di un articolo di John C. Hulsman, ‘U.S and the World’, del 17.3.14 che, senza troppi giri di parole, suggerisce che il Presidente USA dovrebbe incoraggiare alcuni paesi europei a costruire i rigassificatori per lo stoccaggio dell’LNG (Gas Naturale Liquefatto): “We should encourage Poland and our other Central and Eastern European allies to build LNG terminals capable of processing gas from America… President Obama must immediately green light all the LNG export terminal he can…”: in effetti oramai non è più un mistero che il Presidente USA oltre che alla green economy si stia dedicando semmai di più alla fracking economy. Ed anche il presidente ENI Recchia, probabile futuro AD Telecom, sull’argomento lo scorso gennaio è stato assai netto: lo “shale gas crea disparità competitiva Usa-Ue”.
Invece chi si mostra totalmente contrario all’estrazione dello shale gas è Maria Rita d’Orsogna, che dal sito de ‘Il Fatto Quotidiano’ riporta le frasi di Deborah Rogers, analista finanziaria Wall Street: “Il dibattito sul fracking in Usa è sempre stato costantemente incentrato sulla capacità di creare nuovi posti di lavoro e benefici economici, con rischi molto limitati sui possibili impatti sull’ambiente e sulla salute pubblica. Ma i dati non mentono: in tutte le regioni in cui c’è stato lo sfruttamento dei giacimenti di shale gas l’equilibrio economico è dimostrato essere stato molto elusivo, mentre il degrado ambientale ed i costi secondari indotti sono stati reali” ( http://www.ilfattoquotidiano.it/2014/04/01/shale-gas-due-studi-con-il-fracking-al-massimo-due-anni-di-abbondanza/933976/ ).
Nell’articolo della Bellomo su ‘Il Sole’ si era accennato a Saipem del gruppo ENI e Milena Gabanelli, in vista della nomina del nuovo Amministratore Delegato, sul ‘Corriere della Sera’ del 20.3.14 snocciola i seguenti dati: “Per il gioiello dell’industria italiana tempo di bilanci dunque, e su quello del 2013 compare un utile netto di 5,2 miliardi di euro con un prezzo medio del petrolio di 108,7 dollari a barile. Non un bel risultato se si calcola che nel 2005, quando Scaroni è arrivato all’Eni l’utile netto è stato di 8,8 miliardi con un prezzo del greggio di circa 54 dollari a barile. Addirittura inferiore agli utili dei primi anni 2000 (6 miliardi) quando il greggio era a 30 dollari”.
Il greggio, oltre a quello di mercato, ha anche un costo ambientale e nel libro del Dott. Annese a pag. 31 vien posto il problema se l’impatto delle rinnovabili può essere paragonato a quello del petrolio (“Io direi di sì: pensate che sia poco devastante una selva di torri eoliche alte 150 metri, con pale di 10 metri di lunghezza che disturbano le migrazioni degli uccelli:.. ? Lo stesso discorso vale per i pannelli fotovoltaici che richiedono spazi immensi…”).
Quelli appena citati sembrano quasi i discorsi di un militante di ‘Italia Nostra’, ma sui pannelli fotovoltaici anche Antonio Rancati di Anter (Associazione Nazionale Tutela Energie Rinnovabili), durante il succitato workshop alla Leopolda di Firenze, ha posto il problema di dove siano finiti, se in Russia o in Cina, tutti gli incentivi dati in passato dai vari conti energia.
Queste risposte si trovano all’interno del nuovo libro inchiesta di Lucia Navone, sulla mangiatoia delle energie rinnovabili dal titolo ‘Il Sole, le Ali e la Civetta’ (Ed. A Voce Alta, 2013), dove a pag. 90 sta scritto “Ed è Victor Vekselberg, originario della regione di Rostov, sul Don che si sarebbe rivolto a Silvio Berlusconi e al suo mediatore d’affari Marcello Dell’Utri, per entrare nel mercato dell’energia e diventare così, in tempi record, il protagonista del fotovoltaico italiano con la società Kerself, allora quotata al segmento MTA di Borsa Italiana… una società di elettropompe diventata poi Aion Renewables, in cui Avelar investì 25 milioni e per cui oggi, dopo vari tentativi di ricapitalizzazione, è stato avviato il concordato fallimentare. L’investimento russo nel sole italiano è crollato sotto il peso di 245 milioni di debito e le società controllate da Aion Renewables (di cui Avelar detiene il 36 per cento) hanno avviato la cassa integrazione per i lavoratori”, e dove viene anche riportato l’articolo di Gerevini del ‘Corriere della Sera’ (25.1.13) che ci informa “che il gruppo Avelar-Renova, ha trovato sponda nei forzieri del Monte dei Paschi di Siena, da sempre vicino alle energie rinnovabili. I finanziamenti sono piovuti quasi come gli incentivi pubblici che sono stati il vero motore del business. Per anni la banca toscana ha dirottato risorse sulla green economy dove accanto ad imprenditori seri che realizzano impianti ci sono anche molti opportunisti che creano solo scatole vuote acchiappa-soldi”.
Non solo fotovoltaico, ci mancherebbe, all’interno del libro della Navone: c’è anche il gas. Infatti a pag. 94 si legge: “Ed eccoci tornare ai giorni nostri, ma questa volta al centro degli appetiti non ci sono le rinnovabili, ma il gas. Del resto i russi non sono certo venuti in Italia per investire sul sole, ben poca cosa rispetto alla ricca partita del gas. Ora che gli incentivi sono calati e soprattuto sono venute meno alcune garanzie politiche, meglio concentrarsi sullo stoccaggio di gas naturale. Ecco allora che rientra in scena la Geogastock spa – nata da una scissione societaria della Geogas srl – il cui capitale azionario appartiene per l’80 per cento alla Energetic Source di Paderno Franciacorta (BS), controllata a sua volta da Avelar Energy Group, holding europea della Renova, colosso energetico guidato, come noto, dal russo Viktor Vekselberg… Lo stoccaggio del gas in Basilicata (ben 14 miliardi di metri cubi), rientra in un progetto internazionale di approvvigionamento a favore del Vecchio Continente di cui parla anche Wikileaks, a proposito del sistema di nuovi gasdotti destinati a collegare la Russia all’Unione Europea attraverso il Mar Nero. Ben tre progetti paralleli, South Stream, Tap e Poseidon che hanno in comune la stessa lingua: il russo”.
Sul perché i russi siano a capo di colossi energetici ed abbiano trovato sponda nei forzieri di una nota banca toscana potrebbe essere materia di esame della Commissione per il commercio internazionale del Parlamento Europeo (e non solo visto che a Siena come d’incanto è appena entrato un fondo americano), ma sia nell’articolo dell’Orsogna, sia nel libro di Annese – che a pag.141 spiega che cosa sono i ‘futures’ (“il prodotto tipico della speculazione che fa la sua parte nello stabilire il prezzo del petrolio”) – , e sia nel libro della Navone sembra di andare sempre a sbattere contro un muro: che si parli di idrocarburi non convenzionali, convenzionali, energie rinnovabili, non si assiste sempre ad una sorta di finanziarizzazione del mercato energetico? Demand follows speculation?
Obama in visita in Italia lo scorso 27.3.14 ha riconosciuto al nostro Premier NON Eletto di possedere molta “energia”. Ma dove la trova tutta questa energia se praticamente l’Italia la deve importare quasi tutta dall’estero?
E forse in nome degli ‘Human Rights’ violati in Ucraina il nuovo Amministratore Delegato ENI cancellerà i contratti di fornitura gas e gli appalti sui gasdotti con i russi?
Probabilissimevolmente non succederà un bel niente, tanto si sa che le logiche umanitarie non sempre vanno di pari passo con quelle economiche e politiche. Anzi, non sono spesso un paravento, come del resto succederà il prossimo settembre col referendum scozzese, visto che nei fondali del Mare del Nord non ci sono solo i pesci?
Ad esempio, se l’attuale Presidente USA non ha ancora chiuso Guantanamo, non è perché c’è qualcuno che (someone somewhere) glielo impedisce?
Questo dubbio ce lo può spiegare il suo precedessore Eisenhower che nel suo discorso di commiato del gennaio 1961 disse “In the councils of government, we must guard against the acquisition of unwarranted influence, whether sought or unsought, by the military-industrial complex. The potential for the disastrous rise of misplaced power exists and will persist”. Forse uno sfogo finale di un’amministrazione che nel periodo 1952-60 ha dovuto gestire sia la crisi iraniana che quella del canale di Suez?
Sempre nel libro del Dott. Annese sull’argomento si legge: “Mossadegh nazionalizza la Anglo Iranian Oil Co. terzo produttore al mondo di petrolio fondata nel 1901 dall’inglese D’Arcy, sempre loro, e poi acquisita al 51% dalla futura BP del governo britannico. Gli Inglesi bloccano la produzione e proclamano l’embargo alle petroliere dall’Italia. Gli USA ottengono che altri paesi del Golfo integrino la mancanza di produzione iraniana scesa a 20.000 BOD (barili al giorno) rispetto ai 660.000 dei giorni precedenti la crisi. Nel 1953 USA e UK organizzano un colpo di stato che rovescia Mossadegh e ripristina il potere dello Scià (fuggito a Roma). Il prezzo del petrolio non cambia grazie alla mancata riduzione sul mercato del greggio, ma la paura è stata tanta anche se all’epoca il petrolio non rivestiva l’importanza e l’interesse di oggi”.
Meglio fermarsi qui, altrimenti si rischia di arrivare fino ai tempi degli Assiri e dei Babilonesi.
“L’impianto complessivo è di destra” scrive un consigliere della Regione Toscana in merito alla riforma del Titolo V. Posto che destra e sinistra fanno rima con minestra, il punto è: Senato o non Senato (S.P.Q.R. – Sono Pazzi Questi Renziani?), la riforma del Titolo V cosa prevede, un decentramento o un accentramento della produzione in ambito energetico?
Oppure, in BOD* we trust?
Cordialmente
Giovanni Amaducci

*Barrel Oil/Day (barili di petrolio al giorno)

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